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Patricija

Gatta ci cova

L'imperio (Classici moderni) - Federico De Roberto

Consalvo Uzeda, principe di Francalanza. Neo-eletto deputato disposto a tutto pur di raggiungere lo scranno più alto. E in un ambiente visibilmente corrotto il suo trasformismo politico non è certo una rarità. Siede a destra, tra i più rigidi conservatori ma si chiede se non sia stato un errore, se non sarebbe stato meglio collocarsi fra i democratici, ché in fondo il miglior modo di trarre profitto sta proprio nel far dimenticare la sua nobiltà, la sua ricchezza.
Alla figura di Consalvo si contrappone Federico Ranaldi. Giovane giornalista, sognatore e ingenuo. Riconosce in Consalvo un modello. Crede che da quella corrente politica possa venire il bene del Paese.
E quando Consalvo chiede a Federico perché si sia messo dalla loro parte, il giovane risponde:
«Perché credo che la salute del Paese dipenda dal nostro partito.»
[…]
«Il Paese? Con la P grande? Voi ci credete ancora? Caro mio, se voi dite, chi è, dov’è, che cosa fa, dove si può trovare questo signor Paese ve ne sarò grato. Il Paese siamo io e voi, e l’usciere che sta in anticamera, e la signorina che ricopia lettere di là. Il Paese è tutti, il che vuol dire nessuno. E tanto valgono le nostre idee quanto quelle dei nostri avversarii.»

Federico scoprirà la vera natura del senatore Consalvo. Prepotente, impostore, avido camaleonte attento più ai propri che agli altrui interessi. La sua illusione di trasformerà in delusione. Gli idoli cadono, gli eroi che salvano la nazione non esistono. Tornerà a Salerno svuotato d’ogni energia vitale, amareggiato dall’aver trovato null’altro che “presunzione, ignoranza, vanità, intransigenza, difetti e vizi insanabili.”
Sprofondato nel pessimismo più nero ne risentirà anche chi gli sta vicino. E una giovanissima e innamorata Anna Ursino chiederà ripetutamente: “Che cosa vi hanno fatto, perché siate così?”. Federico ha quarant’anni. Ha vissuto lontano per un quarto di secolo occupandosi di giornalismo e politica. La speranza e i sogni gli sono stati tolti. La fiducia nel bene e nella virtù non sono che un ricordo. Non solo. Risponde Federico alla sua giovane interlocutrice:
“Perché ho letto, dopo la storia, la cronaca; perché ho guardato dietro le scene della rappresentazione apparentemente magnifica; perché l’egoismo nascosto sotto l’eroismo mi si è rivelato, ma specialmente perché ho visto e vedo che i sacrifizii purissimi delle poche anime veramente nobili e belle furono compiti in forza dell’illusione, che l’unità, la libertà, l’indipendenza d’Italia avrebbero assicurato tutte le fortune a tutti gl’Italiani. Quel che si è ottenuto voi lo vedete, quantunque non vi occupiate di politica, né abbiate letto le statistiche, né siate vissuta in mezzo a quel mondo dove sono vissuto io”.
Potrà ricominciare? Potrà ritrovare la speranza, la forza per riprendere il cammino sulla strada maestra battuta da tutti i suoi simili?
Consalvo sarà nominato ministro dell’Interno, vice Presidente del Consiglio grazie alla stilettata di un folle. Quasi Vicerè come i suoi maggiori. E poi? Che altro bramerà?

 

“L’imperio”, opera incompiuta uscita postuma nel 1929, chiude la trilogia che comprende oltre a “L’imperio”, anche L’illusione” e “I Vicerè”.
È la storia della decadenza umana. È la storia della putredine italiana. È la storia di questo paese “che il diavolo dovrebbe portarselo via”

 

Ci sono alcune incongruenze dovute alla mancata correzione dell’opera che si giustificano e sbiadiscono di fronte alla scrittura magistrale. De Roberto ha descritto il Paese d’allora che pare specchio di quello odierno. Anzi, s’è spinto oltre. Scrive infatti alcune righe che paiono profetiche considerando gli eventi del ’43. Lo fa per bocca di Consalvo che in merito al loro appoggio al Re afferma: ”Noi continueremo a sostenerlo, il giorno del pericolo, e vedrete che egli preparerà i bauli, detterà la sua brava abdicazione, e ci lascerà nel ballo, a difendere un posto vuoto!”.

 

P.S. Il capitolo VII, con la conferenza del senatore Consalvo di Francalanza vale, già da solo, 10 stelle.