Denise, rimasta orfana di entrambi i genitori, arriva a Parigi coi due fratellini Jean e Pépé. Raggiunge lo zio Baudu pensando di poter lavorare nella sua merceria, ma lo trova quasi in rovina. Nella stessa situazione sono anche gli altri negozianti del vicinato. Uno dopo l’altro chiudono le loro attività. Ragione del dissesto, il grande magazzino: “Al Paradiso delle signore” di Ottave Mouret, giovane imprenditore, spregiudicato, cinico e calcolatore. Da lui si trovano una moltitudine di articoli, dal costo invitante, destinati all’universo femminile. L’imponente emporio è una macchina infernale, fagocita clienti e soffoca bottegai che nulla possono contro il titano. Da una parte le casse ingrassano, dall’altra, si muore di fame. Mouret sa che la donna non resiste ai prezzi bassi e che, se crede di fare un buon affare, compera anche ciò di cui non ha bisogno. Per questo, al Paradiso non ci sono angoli deserti né silenziosi. Ovunque c’è rumore, gente, vita. Perché “la vita chiama la vita e in un attimo si propaga”. La gente deve trovarsi stipata già all’entrata in modo che pensi a qualcosa di enorme. Il trucco è semplice, basta mettere all’ingresso una montagna di scarti a prezzo irresistibile. Tutto è studiato con attenzione, al secondo piano articoli che si vendono meno, a pianterreno quelli di maggior interesse. Così, trionfa il capitalismo mercantile e il commercio minuto muore. Mouret, come la sua diabolica creatura, non ha cuore. Usa le donne, quelle potenti. Gli incontri galanti servono a finanziare la sua impresa. Le amanti non si contano, si usano. E quando non servono più, si buttano. Come stoffe vecchie e consunte. Lo stesso trattamento subiscono i dipendenti del Paradiso. Lavorano col terrore d’essere licenziati. In questo clima anche i più buoni si trasformano in cani rabbiosi. Lotta fra poveri che nulla può portare di buono.
Denise, esile adolescente di provincia, non potendo lavorare dallo zio, ottiene d’essere assunta al Paradiso delle signore. Denise è diversa. Diversa dalle college, diversa dalle amanti di Mouret. È onesta, cristallina, docile anche quando subisce torti e cattiverie.
In questo vortice febbrile, Denise cresce e vede crescere, coi suoi tremilaquarantacinque dipendenti, l’imponente Paradiso delle signore. Fra sete e velluti, trine e lane, si consumano amori e dissapori, trame e segreti, conquiste e disfatte.
Si inseguono sogni. Qualcuno s’avvera. Qualcun altro, quando pare raggiunto, scivola via, veloce, come sabbia fra le dita.
Un milione duecentoquarantesette franchi e novantacinque centesimi, fatto in un giorno, che Mouret da tanto tempo sognava, e lì, sul suo scrittoio.
Un trionfo.
Forse.
O forse no, se vale meno di un cuore.
P.S. D’ora in poi, ogni volta che varcherò l’ingresso di un centro commerciale, non potrò evitare che il pensiero vada ai “Mouret”, e a tutto ciò che non vediamo, ben nascosto dietro le quinte del fantasmagorico “teatro” del commercio.