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Patricija

Gatta ci cova

La tradotta per Mosca - Luciano Bianciardi

Ecco fatto. Un Bianciardino che mi mette sul treno e mi porta con sé.
Primo viaggio all’estero di un intellettuale provinciale.
L’occasione è data dalla partita di calcio URSS – Italia, a Mosca.

In questo scompartimento ci sono: un bietolone fiorentino di nome Senatori; Ivano, un moretto di Roma, giornalista sportivo; Lucia, bionda e simpatica signora non più giovane; Mimmo, il terrone giusto; Riccio, gestore d’albergo.
Si chiacchiera rispettando il “lei”. Almeno fino a Budapest. Poi si vedrà.
Al confine “due austriaci grossi e inteccheriti, due tavoloni” chiedono: “Passe, bitte”.
Voci e discorsi riempiono il corridoio.
Passata la nottata, si forma la fila per andare alla toilette. Brontolio e lavoro di gomiti per passare avanti.
Il treno avanza. Con esso prosegue la descrizione dell’italica comunità in cammino. Cinque giorni di viaggio e due di soggiorno.
In territorio russo viaggeranno su vagoni senza scomparti, una sorta di camerone su ruote. “Ottantotto italiani che bivaccano, russano, mangiano insieme”.
E poi…
”Non si può dire sempre male degli italiani e poi mettersi a piangere quando si comportano da italiani”.

Altra perla. Piccola, preziosa, unica.