Cesare Ferrero. Giovane, bello, intelligente. Laureato.
“Usava fazzoletti color viola prugna, blu notte, marrone vigna, quelli che servono a mimetizzare le ditate di grasso. Ai fazzoletti candidi da impiegato, preferiva quelli da operaio. Questione di stile”.
Comunista.
Già basterebbe. Ma c’è di più.
Ci sono lo zio Maggiorino e sua moglie Onorina. C’è la signora Baronio, il “clic clic” del coprispia sullo spioncino della porta e la storia del fratello in arrivo coi partigia, che non si vedono mai, ma le bottiglie di vino che si fa comprare da Cesare si vuotano. C’è l’amico Floris che chiamato a gran voce risponde dal ballatoio, quello su su all’ultimo piano, mentre le due vecchie dei piani inferiori s’affacciano alla ringhiera, guardano su, guardano giù e la maggiore consiglia di non disturbarlo. Certi momenti son delicati.
C’è la sezione del partito, le riunioni, le relazioni, le idee, i manifesti. Il catechismo e le discussioni.
E già bastava prima. Ma c’è di più.
C’è il greto del Cevetta, il torrente che attraversa il Borgo Sottano della città di Ceva prima di buttarsi nel fiume Tanaro, che ospita, stravaccato su un divano, un tizio. Morto.
Che c’entra Cesare con il morto sul greto del fiume? Niente. Solo che a trovarlo è lo zio Onorino con i suoi amici “osservanti”.
E già bastava prima. Ma c’è di più. C’è molto di più.
C’è la Torino degli anni ’60. Torino dell’Italia ’61, Torino delle lotte operaie alla Fiat. Torino, le sue donne e i suoi uomini. Torino, le sue vie popolari, le periferie, le voci, gli odori, gli amori, i suoni che segnano lo scorrere dell’ordinario. E basta una scintilla a trasformare tutto in straordinario, intrigante, misterioso, un po’ giallo, un po’ fosco.
C’è anche la Russia con la Krasnaja ploščad', la grande piazza di Mosca. La piazza Rossa. Vi chiedete perché? Basta seguire Cesare per scoprirlo.
Scrittura fresca, intelligente, carica di storia e d’ironia.
Ventinove sottozero. Perfetto per resistere alla canicola estiva.
Ma va benissimo anche in pieno inverno. Si può sempre chiedere una “berta” alla zia Onorina.
P.S. Non posso evitare di ridere ogni volta che affiorano alla memoria le due vecchie affacciate alla ringhiera.
Madama Baronio non è certo da meno, e con lei tanti altri personaggi :D