Si apre il sipario. Lago di Ginevra, villa affittata da una nobildonna milanese che ogni anno vi abita da giugno a novembre.
5 ottobre 1894. S’odono uno sparo e grida confuse.
La contessa d’Arda giace morta nella sua stanza da letto con un colpo di pistola alla tempia. La rivoltella è lì, a terra, poco distante da lei.
Suicidio. Pare. Ma ciò che pare non è detto che sia.
Entrano in scena il principe Alessio Zakunine, rivoluzionario russo; la sua compagna di fede Alessandra Natzichev, lo scrittore Roberto Vérond, il giudice Ferpierre.
Chi era in realtà la contessa Fiorenza d’Arda? Quali rapporti aveva con il principe Zakunine e lo scrittore Vérond? E la studentessa Natzichev aveva qualcosa in comune con lei?
Che cosa lega fra loro i personaggi? Quale spasimo li unisce? De Roberto scava nel profondo dell’animo e della psiche umana. Non saranno la logica e nemmeno l’affanno investigativo di Ferpierre a condurre alla verità.
“Tutto il mondo è retto da pregudizii iniqui, ma più stupidi che iniqui.”
Se a stroncare I Viceré fu Benedetto Croce, ad attaccare Spasimo fu Luigi Pirandello che lo recensì firmandosi con lo pseudonimo di Giulian Dorpelli.
Anche i grandi sbagliano. E loro sbagliarono. Chissà se consapevoli o no.
Scrittura elegante, linguaggio raffinato per quest’opera narrativa considerata il primo esempio di romanzo investigativo italiano.